Che cos'è lo stato di flow? Vediamo insieme cos'è, come funziona e come arrivarci!
Se siete arrivati qua per capire come arrivare al fantomatico stato di flow, beh, siete nel posto giusto.
Vi è mai capitato di essere talmente presi da quello che state facendo da perdere la cognizione del tempo?
Può accadere mentre siete in palestra, quando state scrivendo o suonando uno strumento musicale.
Vi mettete al lavoro a testa bassa e quando la rialzate sono passate ore, avete saltato il pranzo e trovate 3 chiamate senza risposta sul cellulare.
Non esiste altro per quei minuti o quelle ore, se non quello che state facendo.
Nessuna distrazione o paranoia.
Vi limitate a fare ed essere.
Se vi riconoscete in questa breve descrizione, avete sperimentato lo Stato di Flow!
Ne hanno parlato molti personaggi nel corso della storia, partendo dall’imperatore romano Marco Aurelio arrivando fino ad Elon Musk.
Lo provano imprenditori, musicisti, scrittori, artisti ma anche atleti, dottori e perfino il barista sotto casa.
Se siete curiosi di capire di cosa si tratta… continuate a leggere!
Che cos’è lo stato di flow?
Da Wikipedia:
In psicologia, il flusso (in inglese flow), o esperienza ottimale, è uno stato di coscienza in cui la persona è completamente immersa in un’attività.
Il concetto di Stato di Flow è stato coniato da Mihaly Csikszentmihalyi, famoso psicologo ungherese naturalizzato statunitense.
Grazie ai suoi studi, la Teoria del Flusso cominciò a diffondersi in psicologia negli anni ‘70 per poi trovare applicazione nei più disparati ambiti come lo sport, la spiritualità, l’istruzione e la nostra amata creatività.
Possiamo dire che si tratti di una particolare condizione mentale, in cui il tempo sembra fermarsi e la concentrazione è tale che quasi si perde la percezione di ciò che ci sta accadendo intorno.
Nel suo interessantissimo Ted Talk del 2004, il professor Csikszentmihalyi descrive in modo dettagliato cosa si prova in quei momenti.
Innanzitutto siamo immersi in ciò che facciamo al 100% e quindi sperimentiamo un alto ed intenso livello di concentrazione.
Il tempo scorre velocemente senza che ce ne accorgiamo, tanto che quasi appare fermo; pur essendo ancorati al momento presente, è quasi come se fossimo altrove.
Ogni mossa o pensiero fluisce nel successivo senza difficoltà e in modo naturale, la fatica mentale o fisica spariscono, anche se siamo impegnati in qualcosa di molto impegnativo.
Di conseguenza a questo, avvertiamo uno stato che potremmo definire di estasi: in quei momenti sappiamo esattamente cosa vogliamo fare, spariscono i dubbi e fanno spazio alla chiarezza interiore.
Per quanto difficili, i nostri progetti ci appaiono tutto ad un tratto realizzabili e siamo maggiormente focalizzati nel perseguirli.
Potremmo paragonarlo ad uno stato di ebbrezza in un certo senso, in quanto ci dimentichiamo di noi stessi e ci lasciamo andare più facilmente.
Avvertiamo anche un senso di appartenenza e di motivazione intrinseca, poiché percepiamo di far parte di qualcosa di più grande.
Cosa succede al cervello quando si è nello stato di flow?
Nel film Limitless, il protagonista interpretato da Bradley Cooper scopriva un farmaco illegale che gli permetteva di sfruttare la totalità delle funzioni cerebrali, trasformandolo da un pigro scrittore fallito a genio dell’alta finanza.
Quando ho sentito parlare per la prima volta dello stato di flow ho pensato che si trattasse di qualcosa di simile, ossia di un momento di iperattività mentale in cui riusciamo a sfruttare più materia grigia rispetto al solito.
Invece poi ho scoperto che mi sbagliavo di grosso.
Infatti, anche se è controintuitivo, lo stato di flow non è direttamente collegato ad un incremento dell’attività neuronale.
Quello che succede, in realtà, è esattamente il contrario: togliamo energia ad alcuni reparti del nostro cervello per destinarne una maggiore quantità ad altri.
In ogni momento riceviamo una marea di informazioni dal mondo circostante ed è stato scoperto che la mente può gestirne solo una piccola quantità: circa 126 bit di dati al secondo secondo gli studi di Csíkszentmihályi.
Il nostro cervello deve decidere di volta in volta su cosa vuole concentrare le proprie attenzioni ed energie.
Quando si è in stato di flow, avviene semplicemente questo.
Si è talmente immersi nell’azione che, quasi senza accorgersene, si perde quello che classifichiamo come distrazione in quel momento.
Tutta l’attenzione è impegnata su un solo processo e non ne resta per fare altro.
In particolare, in questo stato, decidiamo di staccare la spina alla nostra capacità di giudizio e quindi sparisce la vocina critica che riecheggia nella nostra testa.
Questo ci rende finalmente liberi di creare e sperimentare e tutto ciò crea dipendenza, ovviamente, perché ci fa stare davvero bene.
Per questo chi prova queste sensazioni tende a volerle provare sempre di più e cerca di rimanere in questa “zona” per il maggior tempo possibile, che sia disegnando, recitando, componendo o facendo esercizio.
Proprio perchè quello stato psicofisico di benessere totale che ci rende felici e soddisfatti.
Come si arriva a questo stato?
Non è così facile e immediato ritrovarsi in questa particolare condizione mentale.
E poi non esiste la formula magica che funziona per tutti.
Ci vuole pazienza, allenamento e un ambiente adatto.
Innanzitutto, dobbiamo essere concentrati nello svolgimento di un’attività che ci coinvolga emotivamente e fisicamente, che ci appaghi e che non sia troppo facile o troppo difficile per noi.
Se i primi presupposti sono abbastanza ovvi, l’ultimo punto è abbastanza importante.
Sì, perchè se il processo in cui siamo coinvolti non richiede troppo impegno e non presenta particolari difficoltà, sperimenteremo noia e apatia.
Invece se il nostro obiettivo è al di là delle nostre possibilità, non ci sentiremo all’altezza e di conseguenza proveremmo ansia, preoccupazione e frustrazione.
Solo quando troviamo l’attività che rappresenta il giusto compromesso fra questi due estremi, appena fuori dalla nostra comfort zone, potremo raggiungere lo stato di flow.
In buona sostanza, per trovare questo equilibrio possiamo procedere in due modi:
- Abbassiamo il livello della sfida, ponendoci micro-sfide alla nostra portata, aumentando di volta in volta la difficoltà. Decidiamo di correre per 5 minuti in più rispetto all’ultimo allenamento, leggiamo 10 pagine oltre all’obiettivo che ci eravamo prefissati per quella giornata, studiamo ancora mezz’ora invece di chiudere i libri all’orario programmato. Se per l’attività in questione siamo neofiti, è più ragionevole porre un obiettivo minimo fattibile che pretendere da subito troppo da noi stessi.
- Aumentiamo le nostre skill, affinché la nostra preparazione sia adeguata al completamento dell’attività. Quindi, semplicemente, studiamo tutto ciò che riguarda l’argomento oggetto della sfida che c’è all’orizzonte per essere preparati il più possibile ed eliminare paure e incertezze. Così facendo avvertiremo l’eccitazione che consegue al fare nuove esperienze.
In questo articolo ho voluto fare una veloce panoramica sull’argomento ma in rete si trova tantissimo materiale, come il video di Mick Odelli qui sotto (personaggio interessantissimo che vale la pena di seguire).
Se ci riflettiamo su, questa del flow è una condizione che nella vita inseguiamo continuamente.
Cerchiamo un lavoro che ci soddisfi, uno sport che ci permetta di stare in forma divertendoci, persone interessanti da frequentare.
Fa proprio parte di noi questo continuo tentativo di riempire il tempo con impegni piacevoli, con la speranza che le lancette rallentino un po’ nel mentre… poi però accade l’esatto contrario: queste accelerano!
Non possiamo fare solamente quello che ci piace ovviamente, i doveri e le responsabilità si frappongono tra la nostra giornata ideale e la realtà quotidiana.
L’intento però è quello di essere nel flow per il maggior tempo possibile.
Anche quando siamo alle prese con un noioso compito che odiamo, ci è più d’aiuto essere presenti mentalmente e trovare del buono in quei momenti che “mettere il pilota automatico” per non avvertire sensazioni sgradevoli.
Almeno, per me è così.
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