La felicità è un'emozione impiegata nel Marketing Emozionale. Ecco 3 esempi di pubblicità da condividere e da cui trarre ispirazione.
Hai mai sentito parlare di Marketing Emozionale?
Ti svelo subito un segreto (che poi così tanto occulto non è): per fare in modo che la tua strategia di marketing funzioni, che il tuo brand venga ricordato da tutti e che il tuo prodotto sia condiviso in ogni angolo del globo è necessario che i clienti e i consumatori abbiano a cuore ciò che proponi.
Certo, al giorno d’oggi sembra una cosa così difficile a causa della miriade di offerte e di soluzioni che si possono trovare online e offline.
Molto spesso, persino io faccio passare in sordina pubblicità interessanti che mi passano sotto gli occhi mentre sono seduto sul divano, con un bicchiere di birra in una mano e con lo smartphone nell’altra, intento a guardare anche la TV.
Questo, però, non deve fermarti perché il marketing emozionale, strategico ed operativo consiste proprio nel penetrare nella mente del tuo target in modo etico.
È importante far vivere un’esperienza di pochi secondi, ma che possa durare tutta la vita grazie al tuo servizio o prodotto.
Penso, per esempio, ad un personal trainer, che non solo pubblicizza la sua professionalità, ma anche i risultati positivi e un cambio di stile di vita che porta a stare meglio con se stessi e di conseguenza con il mondo che ci circonda.
Insomma, l’importanza delle emozioni nella pubblicità è tantissima, ma forse questo già lo saprai se hai già avuto modo di leggere dell’emotional marketing.
Per esempio, sappiamo tutti che l’abuso di snack e di bibite gasate non fa bene alla nostra salute, eppure le pubblicità di Pepsi, Coca-Cola, M&M’s e molti altri brand, non parlano di calorie, di diabete o di chissà quali altre problematiche.
Si concentrano sulla vitalità, sulla giovinezza, su come il loro prodotto possa aiutare a vivere del tempo migliore con i propri cari.
Praticamente toccano le corde del cuore in una maniera del tutto personale, giocando (in senso metaforico) con le immagini che possono evocare oggetti e situazioni, rendendo quei 2/3 minuti di pubblicità davvero coinvolgenti.
L’emotional marketing funziona proprio così: è più uno stile di comunicazione, che rientra a far parte di strategie ampie e mirate.
In questo, un ruolo fondamentale lo ha la felicità, che si trova tra le 8 emozioni trainanti secondo lo psicologo Robert Plutchik.
Per esempio, è molto più probabile provare attrazione per le persone che ci fanno ridere, rispetto a persone più serie.
Succede a tutti e non significa che tu sia debole, ma che semplicemente la tua mente risponde a determinati stimoli esterni in modo spontaneo, soprattutto quando si tratta di simpatia.
Questo viene insegnato bene anche nel Percorso di Digital Marketing su start2impact: un copywriter è come la nonna che fila i centrini, mettiamo insieme parole (e talvolta anche immagini e simboli) in modo accurato e con pazienza e metodica, così da creare una fitta rete piacevole di emozioni e di CTA (Call-to-Action).
Lo studio è fondamentale, ma quando manca la creatività allora si può prendere ispirazione da casi di successo interessanti.
Ecco perché, una volta terminata la lettura di questo blog post, ti porterai a casa:
- Pubblicità divertenti in cui trovare spunti interessanti per le tue prossime strategie di marketing;
- Il motivo per cui una pubblicità felice crea Brand Ambassador spontanei;
- Un approfondimento sulla felicità.
Perciò apri le tasche e spalanca gli occhi, seguendomi con la lettura dei paragrafi più in basso!
Che cos’è la felicità?
Correva l’anno 2017 quando Max Roser, un economista importante dell’Università di Oxford affermava che oggi abbiamo più motivi per cui essere felici.
Perché sono tanti i settori in fase di miglioramento, dall’istruzione al turismo, dalla sanità alla libertà.
Secondo te, quanto può essere vera questa affermazione?
Per quanto mi riguarda bisogna affrontare la realtà: già solo poter vedere che nella maggior parte degli Stati in occidente venga riconosciuta la libertà dell’orientamento sessuale è un passo avanti non indifferente.
Certo, c’è ancora molto su cui lavorare, anche perché le disparità non vengono mai colmate nel giro di pochi decenni, ma è dalla tendenza felice che assume il panorama economico globale che arriva il riflesso nel mondo dell’advertising.
Se hai già avuto modo di guardare una puntata della famosa serie TV MadMen, forse ricorderai quando Don Draper, famoso Art Director di una delle agenzie più famose di New York, dice: “la pubblicità si basa su una cosa sola: la felicità”.
Oggi sappiamo che è vero in parte, perché sono cambiate tante cose dalle concezioni di marketing degli anni ‘60, ma per capire davvero cos’è questa emozione, guardiamo innanzitutto la sua definizione.
Secondo l’Enciclopedia Treccani, la felicità è uno “Stato d’animo di chi è sereno, non turbato da dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato”.
Mentre lo studio dell’etimologia ci dimostra che la parola “felice” è composta dalla radice sanscrita bhu-, diventata poi in greco φύω (fyo), che vuol dire “produrre”, “fecondo”, e in senso lato anche “soddisfatto”.
Anche per questo motivo molte startup amano una comunicazione solare e divertente, riuscendo a catturare l’attenzione con le proprie idee che si traducono in soluzioni innovative e felici, quindi appaganti.
Parlando di Marketing Emozionale, è importante capire che utilizzare la felicità nella pubblicità non deve essere inteso come un trend effimero, ma più come un trampolino di lancio per la Value Proposition.
Un copywriter che si occupa di pubblicità offline e online dovrà anche tenere in considerazione il periodo temporale (fare una sponsorizzata in concomitanza del Natale non è certamente uguale come in estate, vicino a ferragosto), oltre che adottare strumenti persuasivi e coinvolgenti come le metafore visuali, comprendendo slogan brevi, concisi e catchy.
A questo punto è bene che ti spieghi la differenza tra due tipi di felicità.
In Grecia è nata la teoria sviluppata nel corso del tempo anche da studiosi come McMahan e Estes, che esistano due stili:
- Edonica: si riferisce al provare più felicità possibile evitando il dolore (che tuttavia giungerà dopo il divertimento);
- Eudaimonica: corrisponde a uno stile di vita basato sulla percezione corrente, quindi relativa alla ricerca dei metodi migliori per essere felici valutando quanto lo si è già nel qui e ora.
Allora, dopo questa breve spiegazione, secondo te, quale tipo di felicità viene adottata dalla maggior parte dei brand?
Pubblicità che fanno stare bene
Nel mondo dell’advertising, ormai lo sappiamo, esistono numerose strategie che i business possono sfruttare: dal virale al real time, passando per il guerrilla marketing e così via.
Tra questi, molte startup e aziende ormai affermate nel settore, preferiscono dedicare la propria comunicazione verso il cosiddetto joy marketing.
“Un altro nome? Ancora?!”
Sì, sai bene che noi esseri umani amiamo dare etichette a qualsiasi cosa per evitare che ci sfugga sempre tutto di mano o anche solo per colorare il mondo con nomi diversi.
Questo tipo di Marketing Emozionale si è rivelato comunque davvero performante, anche perché si basa sulla felicità e come si evince da studi oltreoceano, il 93% degli americani desiderano rincorrere proprio questa emozione.
Questo porta a una considerevole duplice azione da parte del tuo pubblico: da un lato desidererà il tuo prodotto e dall’altro diventerà un Brand Ambassador spontaneo, suggerendo il tuo brand con il passaparola ad amici a parenti.
Il secondo step del funnel di acquisizione sarà quindi quello di individuare i più attivi grazie a uno studio sui social network e renderli ancora più felici offrendo prodotti gratuiti, così da aumentare l’engagement e di conseguenza la condivisione.
1. Patagonia: il brand che ci invita a NON acquistare
Hai mai pensato di essere invitato da un brand a non acquistare un loro
prodotto?
Personalmente, la prima volta che ho visto l’advertising di Patagonia ho arricciato le labbra verso destra, a mo’ di sorriso.
Oggi è importante che ogni brand si umanizzi, che prenda posizioni nette togliendosi i suoi panni di azienda e indossando quelli del proprio target, delle proprie persone.
Patagonia in questo ci è riuscita benissimo grazie alla sua campagna attivista con l’obiettivo di ispirare all’adozione di nuove soluzioni per combattere la crisi ambientale che stiamo vivendo.
Il titolo recita “Don’t buy this jacket” ed è una frase che è diventata un vero caso mondiale, perché in un certo senso ha impattato anche nel modo di fare marketing.
Ha letteralmente rotto le regole della comunicazione, mettendo in gioco una promessa essenziale, acuta e di tipo relazionale.
Non c’è solo un messaggio unidirezionale, perché il brand si mette allo stesso livello del consumatore e lo invoglia a evitare il consumismo, preferendo la riparazione.
Il loro marketing è emozionale, etico, unico e degno di essere inserito tra quelli più ispirazionali, anche perché non si limita solo alla pubblicità.
Patagonia, infatti, si impegna anche sostenendo associazioni impegnate per salvaguardare il pianeta Terra, donando quello che il brand definisce “Earth Tax”, ossia una tassa autoimposta che è il prezzo da pagare per fare business.
A tal proposito cito le parole di Rose Marcario, ex CEO dell’azienda: “Dobbiamo fare in modo che i nostri clienti si assumano le responsabilità del prodotto. Questo richiede un cambio di prospettiva epocale”.
Un po’ come quando scelse di utilizzare solo cotone organico per i suoi capi di abbigliamento tecnico, annunciando nelle campagne pubblicitarie che sarebbero aumentati i prezzi per mantenere i profitti aziendali, ma anche (e soprattutto) per non utilizzare pesticidi nelle aree agricole, rendendo l’acqua potabile.
Sai qual è stata, anche in questo caso, la risposta dei consumatori?
Il marchio ha registrato a fine anno un utile pari a più di 7.500.000$, anche se i soldi non sono stati lo scopo finale di Patagonia.
2. Starbucks: errori divertenti
A tal proposito, potrei parlarti innanzitutto di Starbucks, che ha coniato una sorta di wrong name method.
Se ancora non ti è mai capitato di prendere un caffè in uno degli store sparsi per tutto il globo, sappi che i baristi chiedono sempre il tuo nome, così da scriverlo direttamente sulla tazza da asporto.
Un po’ per sbadatezza, un po’ perché sono pieni di lavoro da fare, quel nome viene quasi sempre scritto errato e questo sai a cosa porta?
A una condivisione felice: se vai su Instagram troverai centinaia di migliaia di immagini di tazze di caffè scritte con nomi improponibili.
Questo ha permesso a Starbucks di aumentare innanzitutto l’awareness, entrando nella mente delle persone in modo accurato, diventando quasi uno stile di vita grazie anche agli altri servizi offerti, consentendo un incremento dell’engagement e della fidelizzazione dei clienti.
Del resto, il target è giovanile, perciò utilizza molto i social network.
Anche se questa pratica di sbagliare i nomi impressi sulle tazze da asporto è nata per caso, in realtà si è rivelata una tecnica di marketing quasi gratuita ma con un grosso impatto.
Qui, il Marketing Emozionale è più sottile e ho deciso di inserirlo tra gli esempi perché potrebbe diventare di ispirazione per campagne curiose e coinvolgenti.
3. Heinz: la seconda pubblicità più divertente del Super Bowl
Oggigiorno conosciamo tutti la famosa marca di salse Heinz, creatrice di deliziosi accompagnamenti a hot dog e hamburger del sabato sera (e anche degli altri giorni).
Bene, devi sapere che nel 2016 ha lanciato una campagna di advertising davvero ingegnosa, che sfruttava l’espansione mediatica del Super Bowl per far ridere e creare awareness, posizionandosi come un’idea semplice e al tempo stesso accurata, capace di far nascere almeno un sorriso sulla bocca di chi la guarda.
Ecco a cosa mi sto riferendo:
Qual è l’aspetto che più ti rende felice? I cani vestiti da hot dog che corrono oppure la scena finale? La storia che viene raccontata sottotesto oppure l’accoppiata con la musica?
In più, forse ci avrai già pensato, ma questa seconda pubblicità spalanca le porte a un aspetto che è fondamentale quando si desidera realizzare campagne che coinvolgono e che creano engagement: la scelta del ritmo, della melodia, delle note.
La musica può creare o disfare un intero lavoro fatto su un tipo di advertising, perché permette di sottolineare il tono del brand e accompagnare l’immaginazione del cliente o del consumatore.
Può offrire un’energia unica che rimane in testa anche dopo diverse ore, può persino ispirare ed eccitare, ma più di ogni altra cosa può aiutare le persone ad assaporare come il prodotto o il servizio offerto cambi la loro vita, la loro quotidianità, dando una mano anche a semplificare e velocizzare la decisione d’acquisto.
Approfondiamo?
Non penserai che, arrivati fin qui, io ti lasci andare senza un ulteriore arricchimento!
Vorrei proporti di guardare questo TED di Dan Gilbert dal titolo “The Suprising science of Happiness”.
Di primo acchito penserai che non c’entra molto con il Marketing Emozionale, eppure io penso che prima di procedere con qualsiasi strategia che coinvolga gli altri, bisogna studiare anche se stessi.
Sarà importante comprendere come la felicità di raggiungere ciò che si vuole nelle piccole cose, permetta di ottenere risultati anche in larga scala.
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